







Continua la sperimentazione con l’acrilico per rappresentare una visione maggiormente interiore, che si distacca dal figurativo lasciando spazio alla sensazione. Le forme vengono superate dal colore e dalla luce che resta l’unico soggetto narrante.
Il ciclo “Lo Spirito del lago” si sviluppa attraverso un viaggio visivo che riflette sull’intima connessione tra l’individuo e la natura, con un’evoluzione narrativa che parte dalla quiete notturna, attraversa il passaggio al crepuscolo e culmina nell’irradiazione di luce.
La prima opera, “Chiaro di luna”, evoca la serenità silenziosa di un paesaggio notturno, dove la luce fredda della luna si riflette sulla superficie dell’acqua, creando un’atmosfera sospesa tra il mondo materiale e quello spirituale. Questa immagine richiama l’estetica romantica, in particolare l’opera di Caspar David Friedrich, che trovava nell’incontro tra la natura e la solitudine dell’individuo una dimensione mistica e riflessiva.
Il ciclo prosegue con “Spiaggia al tramonto”, che segna una transizione tra il silenzio della notte e l’energia del giorno che sta per finire. La luce calda del tramonto accarezza la sabbia e l’acqua, simboleggiando la dialettica tra il finito e l’infinito. In questa fase, l’opera si collega al concetto filosofico dell’impermanenza, simile a quanto espresso dal movimento esistenzialista, in cui l’essere umano è costantemente di fronte alla transitorietà del tempo, ma trova nel flusso della vita e nella bellezza di questi momenti effimeri un significato profondo.
Infine, “Riflessi di luce” rappresenta l’epifania, il risveglio dell’anima e la connessione con l’energia universale. La luce che si riflette sull’acqua simboleggia un ritorno all’armonia e alla consapevolezza superiore, facendo eco alla filosofia idealista, che vede nell’arte e nella natura il riflesso di un principio universale e assoluto. L’opera diventa così un invito alla contemplazione della bellezza come via di accesso alla verità ultima, simile alla riflessione che si trova nelle opere di artisti come J.M.W. Turner, che esplorano il potere trasformativo della luce.
Nel loro complesso, le tre opere si configurano come un percorso simbolico che riflette il viaggio spirituale dell’individuo, dalla quiete profonda e misteriosa di “Chiaro di luna”, attraverso il passaggio turbolento e trasformativo di “Spiaggia al tramonto”, fino all’illuminazione finale di “Riflessi di luce”, dove la luce diventa simbolo di rivelazione e armonia universale.
L’opera si costruisce per campiture verticali che si addensano e si sfaldano in un equilibrio instabile tra densità e trasparenza. I tagli netti e le sfumature velate convivono in un campo visivo che alterna rigore e vibrazione. Il blu profondo, distribuito in zone strutturali e fondanti, si impone come forza centripeta, richiamando lo sguardo e trattenendolo. In contrasto, l’oro si distende in superfici luminose che sembrano galleggiare sullo sfondo, evocando barlumi di quiete o apparizioni.
La composizione gioca su una verticalità sospesa, attraversata da presenze diafane che paiono filamenti di luce colati sulla tela. In alcuni punti, questi bagliori evocano il riflesso della luce lunare sull’acqua, suggerendo una dimensione fluida, silenziosa, notturna. Le ombre brunite ancorano lo spazio e ne amplificano la profondità percettiva, suggerendo una stratificazione temporale o mnestica. Il gesto pittorico si fa così voce di un’interiorità che cerca una misura tra il visibile e l’indicibile.
L’opera si presenta come una composizione di forte impatto materico e cromatico, giocata sull’equilibrio tra struttura e dissolvenza. La tessitura pittorica è attraversata da tagli di luce orizzontali che incidono la superficie come fenditure luminose, suggerendo il riflesso obliquo del sole al tramonto sull’acqua o sulla sabbia. Questi interventi bianchi e avorio non solo guidano lo sguardo, ma attivano un ritmo visivo interno che anima la staticità apparente dei volumi.
Il dialogo tra il rosso profondo e l’oro luminoso è il vero cuore pulsante dell’opera. Il rosso, saturo e corposo, evoca una dimensione terrena, passionale, quasi pulsante, mentre l’oro introduce una vibrazione celeste, rarefatta, spirituale. I due poli si confrontano e si compenetrano in una danza continua di sfumature, velature e campiture sovrapposte, dando forma a una tensione che non esplode ma permane, sospesa.
Accanto a questi contrasti cromatici, emergono zone d’ombra più scure, in particolare nelle fasce inferiori e laterali, che aggiungono profondità e struttura.
Il bruno, il nero e l’ocra invecchiata suggeriscono stratificazioni geologiche o sedimentazioni del tempo, come se il paesaggio evocato fosse in parte sepolto, in parte riemerso. La forma geometrica dei rettangoli – alcuni netti, altri erosi – si intreccia con le pennellate più libere, producendo un doppio registro visivo: costruzione e dissoluzione.
L’opera, pur muovendosi nell’ambito dell’astrazione, riesce a restituire una sensazione atmosferica precisa, fatta di luce calante, calore residuo e vibrazioni percettive, come accade quando ci si sofferma sulla riva al crepuscolo.
L’opera si articola in un equilibrio misurato tra superfici orizzontali e verticali, tra pieni e vuoti, tra gesto spontaneo e costruzione razionale. La composizione è dominata da una gamma cromatica fredda – azzurri velati, grigi lattiginosi, tocchi di lilla e blu profondo – che contribuisce a creare un’atmosfera sospesa e silenziosa, coerente con il tema lacustre evocato dal titolo.
Il trattamento del colore è stratificato: velature e sovrapposizioni dialogano con campiture opache e inserti più materici, in particolare nei rettangoli dorati e bruni, che introducono una componente geometrica netta, quasi architettonica. Questi elementi creano un ritmo visivo che guida l’occhio lungo la superficie, come se si trattasse di una partitura musicale o di un paesaggio astratto scandito da quinte e soglie.
I segni neri sparsi in forma di ramificazioni o detriti vegetali generano una tensione dinamica con lo sfondo, richiamando un movimento di attraversamento: una corrente, una traccia lasciata dal tempo, o forse il passaggio stesso dello “spirito del lago”. Questi elementi spezzano la purezza visiva dell’acqua, ma al tempo stesso ne accentuano la profondità e la densità percettiva.
La bidimensionalità è superata attraverso un uso sapiente del contrasto tra campiture piatte e zone sfumate, tra opacità e trasparenze, suggerendo una tridimensionalità mentale più che fisica. L’opera diventa così una soglia percettiva tra immagine e astrazione, tra visione e suggestione.